Massaggio Vietnamita Riflessologia Italiana -AIRFI
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Chi mi segue lo sa, credo che continuare a studiare anche quando si abbia una professione in mano sia importantissimo. Per studio non intendo appropriarsi di nuova teoria da immagazzinare, rendendo la testa una biblioteca, ma ascoltare gli stimoli che arrivano e lasciarsi prendere dalla danza della curiosità-ricerca.
Durante la pratica del mio lavoro mi si accendono spesso delle curiosità appunto, che se ascolto, diventano possibilità di nuove scoperte, di nuovi orizzonti e di nuove ulteriori possibilità.
La curiosità è la madre della conoscenza
Infatti i filosofi, maestri occidentali del dialogo tra mondo visibile ed invisibile, insegnavano ai loro discepoli l’arte del dubbio attraverso la domanda: “Perché?”. E non per gettarli nello sconforto del caos, o per invitarli ad accumulare nozioni, ma per liberarli dall’idea della certezza che è madre del controllo, che vuole mettere dei paletti rigidi alla conoscenza e che non vuole provare la sensazione di paura di fronte ad una nuova curiosità.
Quel brivido di paura rappresenta sì la possibilità di fare nuove scoperte, ma anche la possibilità di veder crollare le proprie sicurezze.
Questo non attaccamento alle certezze è anche alla base della ricerca scientifica. Infatti nessuno scienziato o nessun ricercatore scientifico lavora ad un progetto esclusivamente per veder confermata la sua teoria, anzi, resta aperto anche alla possibilità che le nuove scoperte che la sconfessino: non è importante avere ragione, ma la ricerca!
Ciò vale anche per me. E se grazie alla danza della curiosità/ricerca scoprissi dei trattamenti ancora più efficaci o immediati? E se riuscissi a potenziare la mia manualità? E se …..? Se cresco io cresce anche ciò che riesco a trasmettere!
L’opportunità di ri-mettersi in gioco
Un altro motivo che mi spinge a ricercare mi è diventato evidente durante un accesa chiacchierata. Un’amica infatti mi ha chesto se non fossi stufa di fare nuovi corsi di massaggio, se non temessi di correre il rischio di annoiarmi, o se non avessi la sensazione di sprecare il mio tempo. La mia risposta è stata ed è NO. Imparare nuove tecniche permette non solo di implementare il proprio bagaglio di conoscenze, ma anche di ri-mettersi in gioco ogni volta.
Chi osa fare l’allievo ha una grande opportunità: spogliarsi della divisa da maestro predisporsi all’ascolto e dubitare della propria conoscenza.
Qualche volta si impara tantissimo, altre volte meno. Ma è la danza della vita che si ripropone continuamente. A mani vuote non si torna mai, si dovesse anche solo riconoscere e riconfermare ciò che già si sapeva.
Cosa si può imparare da un ulteriore corso di massaggi
Manovre diverse, l’uso di strumentazione nuova, caratteristiche specifiche di alcuni prodotti coadiuvanti come oli essenziali, guasha, coppette, pietre ed asciugamani caldi…
Oppure scoprire di poter praticare tecniche già note con pressione differente, con un tocco più personale: infatti alcune volte non si imparano manovre nuove, ma ci si ri-connette ad una parte di sé poco esplorata, magari dimenticata, a volte che non si sopporta.
Ad esempio c’è chi familiarizza con la lentezza, chi invece con la forza, chi ancora con il ritmo. Si può arrivare ad includere ciò che “d’abitudine” non si vive, o non ci si permette di vivere, e proprio la necessità di doverlo fare durante un corso lo manifesta, lo rende noto e fattivo, poi si può decidere se ignorarlo di nuovo o includerlo nel proprio quotidiano.
Il gioco dell’inclusione
A tal proposito vi propongo un gioco: “Il gioco dell’inclusione”. Io sono partita dalla riflessologia plantare, per ampliare il mio bagaglio con una tecnica di massaggio total body il massaggio alchemico mio-fasciale, grazie a M.I.R.O. ho imparato tantissima anatomia e fisiologia, l’importanza della fascia e tecniche di lavoro proprio su di essa, restava fuori il viso ed ho imparato la riflessologia facciale vietnamita, al corso ho conosciuto operatori bravissimi che mi hanno aperto il mondo dei trattamenti viso e degli oli essenziali.
Ogni nuovo elemento non soppiantava l’altro, ma lo integrava, lo agganciava, lo sosteneva, entrava in relazione con me e col mio bagaglio di competenze arricchendolo.
Oggi sono un’operatrice più completa di 3 anni fa, grazie alla mia curiosità, ed alla voglia di approfondire, di sperimentare e di mettermi in gioco.
Tutto ciò è accaduto anche grazie ad un lato del mio carattere che per anni ho combattuto: la voglia di cambiamento. Infatti ho scoperto col passare del tempo che il mio desiderio di cambiare non è sbagliato e che non necessariamente andava letto come incostanza o incoerenza, ma incluso come un tratto del mio modo di essere. E da quando lo assecondo invece di condannarlo o di impedirgli di esistere sono più felice. È come se dentro di me si aprissero di volta in volta delle finestre ed entrasse nuova luce che alimenta piccole piantine destinate a diventare alberi che mi donano ossigeno. Evviva le mille sfaccettature della curiosità!
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