Corso base di bioenergetica integrata
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07/09/2020Che differenza c’è tra counselor, coach, psicologo e psichiatra?
Spesso mi capita di raccontare in che cosa consista la mia attività di counselor. Ascoltando le domande dei miei interlocutori mi sono accorta che alcune figure professionali che lavorano nello stesso campo, con mansioni e competenze ben distinte vengono spesso sovrapposte o quanto meno non ben identificate.
Perché è importante riconoscere a ciascuno le proprie competenze?
Ci sono svariati motivi per cui è importante riconoscere a ciascuno le proprie abilità, ma soprattutto perché potersi rivolgere al professionista idoneo permette di compiere un percorso di crescita senza allungare i tempi e la permanenza nella sofferenza.
Un buon professionista ha il senso della misura della propria capacità, ma soprattutto ha ben chiari i confini della sua pertinenza come figura professionale, e generalmente si è creato una rete di collaboratori che possano coadiuvare sia lui che il suo cliente.
Talvolta capita di lavorare insieme ad altri professionisti per sostenere il cliente sotto differenti aspetti dell’ambito psico/emozionale. Ciascun operatore mette in campo la sua specifica competenza offrendo al cliente la possibilità di una rete di sostegno i cui lembi sono tenuti da diverse figure professionali in base alle proprie competenze acquisite con lo studio e esperite con l’esercizio.
Partendo dal presupposto che il nostro mondo materiale ed il nostro mondo spirituale siano in continua connessione tra loro e con l’esterno, ed il nostro microcosmo sia connesso col macrocosmo, in una danza senza sosta, si può immaginare una sorta di danza che compenetra differenti elementi, talvolta anche apparentemente molto distanti, come luce ed ombra, giorno e notte, inspiro ed espiro alla costante ricerca di un equilibrio dinamico. Laddove si vengano a creare degli squilibri, a me piace chiamarli interruzioni di contatto o di dialogo, insorge un sintomo fisico o emotivo. Allora sorge spontaneo rivolgersi ad un ad una figura professionale dell’ambito della relazione d’aiuto.
Le diverse figure professionali nell’ambito della relazione d’aiuto
L’ambito della relazione d’aiuto è un grande contenitore, all’interno del quale si muovono svariate figure professionali. Ecco una breve carrellata di possibili professionisti, ne esistono tanti altri e mi scuso per non nominarli tutti, ma l’ambito è davvero grande quanto le possibilità che offre:
l’educatore, l’assistente sociale, lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psichiatra, il coach, il counselor, il floro-terapeuta, il danza-terapeuta, l’operatore olistico, l’insegnante di yoga, il fisioterapista, il massaggiatore, il riflessologo…
Alcuni operatori lavorano specificatamente sul corpo, altri sul mente/spiche/emozioni.
Non importa da dove partiamo, “lavorare” su una parte sbloccherà l’interruzione di dialogo tra le parti e riavvierà il movimento. A volte ci si indirizza ad una figura professionale, poi si passa ad un’altra figura professionale, quando l’ambito della sua competenza ha apportato tutto il nutrimento necessario e si è pronti a ricevere un altro tipo di nutrimento. Facciamo un esempio magari si avverte mal di schiena e si cerca un fisioterapista che allevia il sintomo di dolore acuto, il fisioterapista suggerirà un corso di ginnastica, yoga… per allentare le tensioni muscolari, dopo un certo periodo di pratica, dopo aver ammorbidito il corpo ecco affiorare delle sensazioni, delle emozioni che ci si accorge di non riuscire a gestire; ecco allora aprirsi la possibilità di una serie di colloqui con un counselor.
Vivere la vita è crescere. Vivere la propria vita vuol dire accorgersi di farlo e nutrirsi di tutto ciò che il nostro sistema corpo mente chiede.
Come possiamo accorgerci di ciò di cui si ha bisogno? Ascoltando i segnali, prima che essi diventino sintomi, e poi malattie conclamate; quindi possiamo scegliere tra i vari professionisti dell’ambito della relazione d’aiuto o benessere, la figura professionale con cui abbiamo voglia di condividere un pezzo del viaggio.
Quali sono le differenze tra le varie figure professionali in questo ambito?
A questo punto vorrei entrare più specificatamente nell’ambito della differenza tra psicologo, psichiatra, coach e counselor. Sono sì, professionisti che lavorano nell’ambito d’aiuto, ma declinano le loro competenze in modi differenti e ben distinti. Tutti effettuano dei colloqui con I loro pazienti/clienti, ma il modo di trattare i contenuti varia a seconda dell’ambito professionale.
Psicologo e psichiatra
Innanzitutto lo psicologo e lo psichiatra hanno conseguito un titolo di laurea, ossia sono Dottore in Psicologia e Dottore in Psichiatria. Sono all’interno di un albo professionale al quale accedono dopo aver sostenuto uno specifico esame che ne attesta le competenze. Entrambe le figure professionali lavorano con “pazienti”, questo è il termine con cui vengono definiti i loro clienti. Il che riconduce subito all’ambito sanitario e/o ospedaliero comunemente inteso.
Lo psicologo non può prescrivere farmaci, invece lo psichiatra sì.
Compito dello psicologo è indagare il passato del suo paziente e riconoscere se sussistano gli estremi di una malattia, cioè può fare diagnosi. Qualora riconosca la necessità di un sostegno farmacologico può collaborare, far rete con uno psichiatra che ha la conoscenza del farmaco, delle sue azioni e controindicazioni perciò si attiverà a seguire il paziente indipendentemente dallo psicologo. Ecco un altro esempio fondamentale di rete. I periodi di cura con queste figure professionali possono essere anche molto lunghi, addirittura anni.
Coach e counselor
Il coach ed il counselor svolgono una professione che viene definita intellettuale, svolta ai sensi della Legge n. 4 del 14 gennaio 2013. Il counseling ed il coaching non rientrano nelle professioni mediche, non c’è un corso di laurea uguale per tutti come materie di studio, né come durata, né come verifiche in itinere, né un ordine cui essere annoverati. Esistono però delle associazioni di categoria che hanno il compito di valutare la formazione e garantire il continuo aggiornamento dei propri iscritti. Questo consente al fruitore del counseling o del coaching la possibilità di poter scegliere un professionista la cui preparazione sia valutata costantemente. Io personalmente ho scelto Assocounseling. La mia scelta è stata motivata dalla serietà di questa associazione di categoria che obbliga i suoi iscritti a costante aggiornamento, dalla grande professionalità dell’ordine direttivo che gestisce i rapporti con i rappresentanti del governo, o con altre categorie di professionisti, dalla organizzazione interna che spazia dalla possibilità di consulenza in campo legale e assicurativa, alla possibilità di confronto con altri professionisti accreditati dalle medesime competenze.
L’ambito lavorativo del counselor e del coach è strettamente il presente. Anche la durata degli incontri con i clienti, che prendono il nome di “colloqui” e mai “sedute” proprio per evitare confusione con le professioni di ambito medico di cui sopra, non possono superare il numero di 15/20 incontri.
Il coaching nasce in ambito sportivo, con le squadre di basket e football americano, per far emergere le potenzialità nascoste dei giocatori, aiutando la formazione di uno spirito di squadra nelle sfide con gli avversari. Il successo riscontrato porta poi ad una estensione in ambito sia personale che aziendale. Il focus del coaching è sul risultato e su come fare per ottenerlo. Il counseling invece non si focalizza su un risultato da conseguire come obiettivo cui tendere. Per distinguere i due tipi di professione si può genericamente fare riferimento al coaching come intervento che “organizza e prepara” la modalità per affrontare e superare una problematica ad esempio come smettere di fumare. Il counseling invece indaga la motivazione che attiene alla problematica senza indicare la via alla soluzione della medesima. Sostiene il cliente ad attivare le proprie risorse personali, che così diventano uno strumento adattabile ad altre eventuali e future problematiche. Il coaching è direttivo, il counseling assolutamente no.
Un equivoco che spesso incontro è credere che il counselor dia dei consigli. Il counselor si astiene assolutamente del dare consigli. Anzi entra in sospensione di giudizio e sostiene il suo cliente senza assolutamente indirizzarlo.
Come possono lavorare in rete questi professionisti?
Ecco alcuni esempi accaduti a me come counselor e riflessologa.
Un esempio: dalla riflessologia, al counseling alla psicologia
Una cliente che ho conosciuto grazie alla riflessologia, ha manifestato dopo qualche trattamento la necessità di sentirsi più radicata. Più aveva la sensazione di stare comoda sui suoi piedi, più sentiva il bisogno di radicamento. Con questo desiderio si è approcciata ad un’arte marziale che abbiamo trovato assieme, che la facesse sentire salda sul terreno e la ricollegasse al respiro più profondo, che spesso sentiva come interrotto. Dopo qualche mese, ha avvertito la necessità di affrontare una problematica familiare che sentiva irrisolta. Ha chiesto il mio aiuto e dopo un primo colloquio orientativo avuto con me in qualità di counselor, io ho ritenuto opportuno fornirle due nominativi di Dottori in Psicologia perché affrontasse questo viaggio con la figura professionale preposta a lavorare con lei sul suo passato. Fatta la sua scelta ha proseguito il suo cammino di ascolto e crescita interiore.
Un altro esempio: dal fisioterapista al counselor
Il secondo esempio che voglio raccontare si riferisce ad un uomo molto sofferente per dei dolori alla schiena. La sua vita era diventata molto limitata. Da uomo sportivo e dinamico era diventato sedentario, appesantito, e spesso malinconico. Dopo essere stato trattato a lungo da un fisioterapista, lo stesso lo ha invitato ad esternare le emozioni che fuoriuscivano ad ogni trattamento, ad un professionista perché queste trovassero modo di farsi strada nella sua vita concretamente e non restassero esclusivamente una lamentela a fine massaggio. Perciò insieme a me come counselor ha affrontato le sensazioni che provava alla fine dei trattamenti col fisioterapista. In questo modo è ricominciato il suo dialogo tra corpo e sfera emotiva. Dopo aver riattivato questa interruzione di contatto anche i dolori fisici che prima erano molto forti si sono affievoliti. Non gli restava che consolidare questa nuovo stato di benessere.
Un terzo esempio: il lavoro integrato tra il counselor e lo psicologo
Ho lavorato per molti anni presso una Farmacia. La dietista che si occupava del settore alimentare con una cliente particolarmente in difficoltà con la continuità del regime alimentare suggeritole l’ha invitata a contattarmi. Inizialmente abbiamo lavorato assieme sulla volontà. Dopo qualche incontro èemersa una tematica importante del suo passato, motivo per il quale ho suggerito alla cliente un percorso con un Dottore in psicologia. Ho fornito i contatti in mio possesso ed ho lasciato alla cliente la totale libertà di scelta. Al subentro di questa nuova figura professionale, ci siamo incontrate la psicologa ed io per raccontarle come avevo lavorato io fino a quel punto, in gergo si dice“passare le consegne”. La psicologa mi ha chiesto di continuare ad incontrare la cliente e di collaborare con lei, cioè di fare rete. Perciò oltre alle sedute nel suo studio, la cliente ha continuato anche i colloqui con me ed i controlli periodici dalla dietista. Su suggerimento della psicologa abbiamo attivato la cliente ed io un lavoro di programmazione e mantenimento della dieta. La collaborazione non solo è possibile, ma anzi è un vero e proprio mezzo si sostegno per il cliente. Diventa un elemento terapeutico perché è come uno specchio in cui poter riflettere che cosa accade nella vita al di fuori della propria persona: se il mondo fuori collabora allora anche quello interiore può farlo con minor esitazione.
Che cosa può fare il counseling?
Il counseling permette di esplorare le proprie zone d’ombra, i propri momenti di crisi interiore, le proprie difficoltà assieme ad un professionista preparato per sostenere senza guidare: è sapere di avere un bastone sul quale ci si può appoggiare, ma che non farà il passo al posto nostro. Si limiterà a segnalare com’è la strada. Alla singola persona la scelta se percorrerla oppure no. A volte può capitare di fermarsi su un punto dimenticando di alzare lo sguardo e non ci si ricorda più dell’ampio orizzonte che si ha di fronte. Il counselor è quell’aiuto che ricorda che si può alzare lo sguardo, ma quello che si vedi, è il proprio panorama, non quello del counselor.
Il counselor riporta a quella meravigliosa frase che amo moltissimo e che ho addirittura stampato su un medaglione che porto spesso al collo:
“Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo”
(citazione attribuita a più autori. La più riportata è della scrittrice Anais Nin)
Perciò occorre scoprire come siamo per sapere che cosa c’è nella nostra vita. E se trasformiamo quello che non ci piace dentro di noi ecco che si trasformerà anche quello che ci accadrà fuori.