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29/11/2021Cinzia
La barca solcava dolcemente il mare. Cinzia sedeva controvento con i capelli scompigliati, mordendosi le labbra. Pierre armeggiava con vele e corde fra poppa e prua senza parlare. L’isola si intravedeva in lontananza. Man mano le case prendevano forma ed anche la loro si disegnò: bianca, con le finestre pittate di rosso, il pergolato fronzuto, un balcone con la sedia a dondolo. Pierre allungò la mano tesa a Cinzia perché lei potesse scendere. Le passò un vecchio zaino logoro e risalì sulla barca. “Quando avrai preso la tua decisione tornerò a prenderti“.
Cinzia annuì e si incamminò. Ad un tratto rallentò mise le mani sulla fronte per ripararsi dal sole e guardò la barca allontanarsi. Riprese la camminata per fermarsi dinanzi ad un portoncino di legno. Cercò le chiavi ed entrò. La luce soffusa ambrava le pareti riflettendosi sui mobili impolverati. Cinzia percorse il salone e si sedette su una poltrona di fronte ad una parete ridondante di fotografie. Suo marito, sua sorella, suo padre e sua madre, un vecchio zio, il gatto, lei in ogni posto: a casa, al mare, in montagna, in viaggio. In alto c’era una fotografia della sua migliore amica. La guardò a lungo cercando di ricondurla a sé nella sua familiarità di un’infanzia, di un’adolescenza, di una giovinezza, condivisa sempre, a qualunque costo. Era stato grazie e Maria se aveva superato l’esame più difficile all’università, se aveva saputo per tempo del dottorato a Parigi, se aveva conosciuto Pierre. Quel viso perennemente imbronciato le sorrideva perché c’era lei dietro la macchina fotografica e nessun altro. La fatica a far digerire a Maria il suo matrimonio con Pierre. La reticenza di Pierre “quella donna é sempre incazzata, femminista ad oltranza e gelosa di te. Lasciala perdere.” Maria non era da meno “quell’uomo non mi piace. Ti procurerà solo guai!” Ma poi il tempo le aveva dato ragione. Cinzia lo sapeva: ciò che la rendeva felice come non lo era mai stata, avrebbe finito con l’essere sopportabile anche per quella brontolona di Maria.
Anche Maria era andata a Parigi, per una borsa di studio, in Storia dell’Arte. Così mentre Cinzia studiava in biblioteca, Maria vivisezionava opere d’arte in vari musei. La sera si ritrovavano a cena anche con Pierre, che lentamente abbassava la guardia nei confronti di Maria. Poi si erano separate per un anno. Maria aveva vinto un consorso per le Belle Arti, destinazione New York. Si erano scritte tutte le settimane, attente a non perdersi nemmeno un attimo l’una della vita dell’altra. Cinzia viveva in un piccolo appartamento con quell’uomo che sentiva sempre più di aver scelto per la vita. Quando seppe con certezza di essere incinta mandò un telegramma a New York. Maria le telefonò immediatamente, alla parola zia si commossefino a singhiozzare come una bambina. Dopo poco Cinzia ebbe un incidente e perse il bambino. Quando si risvegliò in ospedale al suo fianco c’erano Pierre e Maria. Con gli occhi chiusi ebbe la lucidità di sentire “Stalle vicino ti prego. Ha bisogno anche di te in questo momento.“
Il rumore del vento distolse Cinzia dai suoi ricordi. Si alzò per sistemare il suo zaino. Entrò in camera da letto ed aprì le ante dell’armadio a muro. C’erano i vestiti di Pierre, quelli da pescatore. “Italiana? C’è un bel mare in Italia. Lei sa pescare?” Cinzia era scoppiata a ridere, non era mai stata abbordata con un espediente così buffo. “ma io sono di Torino. Lì non c’è il mare!” Pierre si era irrigidito “Ma i fiumi sì.” Poi erano seguite gite al mare con tanto di canna da pesca e vermi colorati. Passeggiate al tramonto per issare le reti e cene a base di pesce. Un giorno Cinzia era sbottata “Sono qui perché mi rilascerai un attestato ittico o perché ti piaccio?” non si erano più separati. A distanza di anni ancora ne ridevano.
Dopo l’aborto tutti e tre erano andati al paese di Maria, in Toscana. Lì erano rimasti qualche settimana. Avevano scoperto il lato lieve della convivenza senza sfide, ripicche o gelosie. Erano sereni. Maria aveva smesso di esercitare la sua prepotenza e Pierre si sentiva per la prima volta a suo agio, con quella donna della quale aveva sempre dubitato.
Ritornarono a Parigi a settembre. Il lavoro li assorbiva molto. Si vedevano di rado, perché ora potevano permetterselo: si fidavano l’uno dell’altro. Un giorno era arrivata una telefonata improvvisa di Maria al centro studi dove lavorava Cinzia, che l’aveva sentita così concitata da rimanere preoccupata fino all’ora dell’appuntamento.
Arrivò in anticipo. Maria era già seduta nel caffè. Cinzia sorrise. Maria aveva il volto tirato e le occhiaie di chi ha pianto per tutta la notte. Si sedettero l’una di fronte all’altra. Maria le passò un foglio, un’analisi di laboratorio, era incinta. Cinzia sorrise. Non sarebbe stata una tragedia. Maria scosse il capo “È di Pierre!” disse. Cinzia si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. “Perché mi dici questo?” chiese. “Perché è la verità” fu la risposta.
Con Pierre Cinzia cercò la verità la sera stessa, piangendo di fronte ad un piatto di pasta al pesto. Ma lui negò con fermezza laconica quella paternità. Nemmeno il confronto diretto scalfì le loro versioni. Entrambi la guardavano negli occhi ribadendo le loro posizioni. Cinzia credette di impazzire, non aveva motivo di dubitare di alcuno, eppur uno dei due la stava torturando, stava cercando di minare la sua vita. E questo Cinzia non lo voleva. Ma chi mentiva? Richiuse l’armadio sbattendo le ante. Tutto era stato rovinato. E da quel momento in poi niente sarebbe stato come prima per lei. In Pierre non avrebbe più avuto fiducia. E di Maria non aveva più voglia nemmeno di sentirne parlare. Il telefono squillava. Era Maria, ne era certa, ma non aveva voglia di sentire la sua voce. Si adagiò sul letto e si addormentò.
Sonnecchiò fino all’ora di cena. Quando si svegliò aprì le imposte. La barca di Pierre era ormeggiata poco distante dalla costa. Si avviò in cucina ed iniziò a preparare la cena. Mentre tagliava le verdure ricordò di avere una moneta da un cent nel portafogli, regalo di Maria dall’America. La “sorte” avrebbe deciso per lei, perché lei non era in grado e non poteva permettersi di smettere di credere ad entrambi contemporaneamente. Non avrebbe retto l’urto con quel vuoto. Alle due facce della moneta attribuì i nomi dei suoi due nemici per salvarne almeno uno. Il volo fu rapidissimo. La moneta cadde a terra con un rumore secco. Il nome del vincitore troneggiava splendente di fronte a lei. Si chinò. Raccolse la moneta e la ripose nel borsellino. Sospirò. Aveva preso la sua decisione. Domani sarebbe tornata a terra.
Cinzia o la fiducia
Immagine: “Le stanze sul mare” di Hopper
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