Il linguaggio simbolico del corpo
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14/11/2022Eleonora
Eleonora sembrava una quacchera. Indossava pantaloni neri, candide camiciole bianche, informi giacchine grigie. Sul suo viso anonimo, incorniciato da lisci capelli castani a foggia di paggetto era scolpita un’espressione scolorita, tra l’attonito e il diffidente.
Laureata a pieni voti aveva iniziato a lavorare presso una famosa casa editrice come correttrice di bozze. Questo nuovo stato delle cose l’aveva indotta a ritenere possibile che tutto sarebbe finalmente cambiato. Non avrebbe più atteso nulla. Anzi, sarebbe partita alla conquista: una casa, la pubblicazione dei suoi lavori letterari, un nuovo amore. Per mesi aveva lavorato alla stesura del suo romanzo da spedire al concorso dei “Mai più esordienti”. Essere nella stessa situazione di migliaiai di altri giovani accomunata dall’attesa del responso, la galvanizzava, sino a farle credere di essere finalmente entrata in un “giro”, di meritare anche lei la possibilità di andare alle feste, di fare l’amore con desiderio, di essere corteggiata, di potersi concedere persino il lusso del rifiuto.
Nell’atrio dell’ampio salone, dove erano esposte le opere dei partecipanti al concorso di arti grafiche, si era fermata per un attimo: “Come un debutto in società” aveva pensato, scoppiando a ridere. Quella risata così sonora, come un grido disperato a stento soffocato, aveva destato l’attenzione generale. Anche lui si era voltato e le aveva sorriso dolcemente. Poi gli era caduta di mano una cartella piena di disegni. Lo aveva già scelto, il suo ulteriore passo verso la conquista del mondo. “Pietro” aveva detto lui un po’ imbarazzato. “Eleonora” aveva risposto lei con spavalderia. La conoscenza formale fu un rito abbastanza breve e piacevole. In fin dei conti Eleonora sapeva come muoversi, l’aveva letto e riletto più volte nei libri divorarti fin dall’adolescenza. Infatti non aveva sbagliato niente. Pietro pareva divertito e rilassato in sua compagnia. Insieme avevano conosciuto un altro ragazzo. Ed ora costituivano un bel terzetto affiatato.
Eleonora per la prima volta si sentiva la regina delle uscite: coccolata, protetta, vezzeggiata, lusingata. Non aveva rivali da temere. Dopo si seppe che Pietro aveva un’ex fidanzata in Francia. L’amava ancora a tal punto da aver arrestato la sua vita. La tesi giaceva in un cassetto da un anno, niente amici, niente risate a cuor leggero, niente gite o sport. Niente di nuovo insomma. Quello di cui Pietro andava alla ricerca era affetto, un cuore libero che lo accogliesse senza chiedere amore in cambio. Un cuore generoso che si accontentasse delle coccole rubate a quella donna che campeggiava ancora nel suo cervello con la tristezza di una pioggia autunnale.
Per Eleonora questo stato delle cose non era una novità e non avrebbe costituito un problema. Era abituata a non ricevere. Lei sapeva attendere. Sorniona si insinuava nella vita di Pietro. Dapprima incontri occasionali, poi uscite programmate, quindi cene con tanto di menù prestabilito in lunghe telefonate di incoraggiamento, per quel ragazzo effettivamente un po’ troppo distante. Ad una di queste cene parteciparono anche degli amici di Pietro, quei pochi che ancora frequentava. Un’ulteriore barriera credette dapprima Eleonora. Ma poi si convinse che “al nemico” bisognava accompagnarsi, non fronteggiarlo. Così si adoperò per diventare parte integrante di quella nuova compagnia. Ed aveva avuto ragione a seguire il suo copione da ragazza della porta accanto, perché Pietro si stava rilassando. Finalmente c’era un’intercapedine tra lui ed il dolore sordo che provava nel cuore. Infatti da quando era comparsa Eleonora poteva di nuovo frequentare quelle poche persone che ancora tolleravano il suo malessere. Lei, con la sua allegria misurata e con la sua adattabilità alle situazioni, era diventata il collante di serate un po noiose e ripetitive. Pietro aveva smesso di bere, lamentarsi e vomitare fuori tutto il suo malessere.
Improvvisamente fra loro si instaurò una nuova tenerezza, una nuova complicità, una sorta di leggerezza che divampò in Eleonora come un fulmine a ciel sereno. Attendeva gli incontri con Pietro canticchiando, si sentiva per la prima volta bella ed interessante come un quadro appena restaurato.
La prima notte che passarono insieme fu veramente deprimente. In Pietro prendeva corpo quella sgradevole sensazione di tradimento perpretrato ai danni dell’amata francese, in Eleonora si agitava quell’insicurezza di fondo che sperava di aver debellato e che invece faceva di nuovo capolino. La decisione di non portare avanti la relazione fu aiutata dall’imminente periodo delle vacanze natalizie. Eleonora andò al mare con delle amiche. Pietro viaggiò in solitaria compagnia del suo dolore e del suo desiderio di riconquista dell’amore francese. A fine gennaio si rincontrarono. Parevano sereni. Ma Eleonora quando lo rivide sentì riaprirsi la porta dei sentimenti, quel varco che credeva di aver serrato a doppia mandata. Optò per una linea morbida. Lei comunque c’era e Pietro avrebbe finito con l’accorgersene. Ogni tanto Pietro si negava per giorni interi, ma Eleonora poteva confidare nell’amore francese che non sarebbe tornato e nella speranza che lui si sganciasse da quella profonda solitudine in cui lo immaginava sprofondato.
Mai avrebbe creduto di doversi trovare a fronteggiare una simile situazione: Pietro vedeva un’altra donna, ci faceva l’amore, cenava con lei, dormiva con lei. E non era la francese. Una rabbia cieca la pervase. Ma lei sapeva attendere e mistificare. Non manifestò affatto la sua rabbia ed il suo dolore. Anzi, si dimostrò comprensiva e felice per lui. Aveva letto tanti libri e sapeva recitare tanti personaggi, ma non sapeva chiudere il copione ed affidarsi all’arte dell’improvvisazione. Non le venne mai in mente di chiedere a Pietro quale fossse l’intima natura di quel nuovo rapporto d’amore; quanto effettivamente questa nuova attrice del gioco dei sentimenti fosse reale oppure un paravento di quel grande amore francese. Si amareggiò la vita, pianse, odiò così intensamente da ritornare un brutto quadro senza valore.
Pietro non capì e non potè aiutarla. Probabilmente l’avrebbe fatto se se ne fosse accorto, se la sua vita non fosse stata sospesa, se avesse avuto occhi aperti per vedere. Ma non poteva. Non osava apportare il minimo cambiamento emotivo. Perchè temeva che se Sophie fosse tornata dalla Francia ed avesse trovato tutto diverso non avrebbe riconosciuto più nulla come suo e l’avrebbe persa una seconda volta. Non gli venne mai in mente di chiedersi che cosa di interessante avrebbe potuto scorgere lei in un uomo fermo da più di tre anni. Nessuno dei due si manifestò per quello che provava. Si persero di vista, non senza rimpianto e sicuramente per i motivi sbagliati.
Eleonora si rifidanzò con l’unico consueto vecchio amore della sua adolescenza, che aveva scelto solamente perché l’aveva scelta. E Pietro attese con pazienza il ritorno del suo fantasma che non ricomparve mai più.
Eleonora o la brava ragazza
Immagine: “Christina” di A. Modigliani (1916 circa)
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