Eleonora
07/11/2022Due sensi straordinari: Propriocezione e Interocezione
28/11/2022I Sensi… In che senso?
La comunicazione e il linguaggio simbolico
Etimologia di senso: dal latino “sensus-us”, derivazione del verbo latino “sentire” che significa percepire, part. pass. sensus.
Significato di senso: facoltà di ricevere impressioni da stimoli esterni o interni -affine quindi a sensibilità- dal vocabolario Treccani on line.
Sembrerebbe ovvia una corrispondenza diretta tra il verbo sentire in latino ed italiano, ma anche il vocabolario Treccani ci suggerisce l’uso di un termine più appropriato in italiano, il verbo percepire, ossia “per+capere” = per mezzo di, attraverso+ prendere, acquistare, acquisire, appropriarsi.
Perché preferire percepire a sentire? Per non usare una parola contenitore. Ho già descritto nell’articolo “Le parole trabocchetto: le parole contenitore” la confusione che potrebbe ingenerare l’uso delle parole contenitore. Questi vocaboli, generalizzando in maniera estrema il concetto che esprimono, possono renderlo inefficace nella nostra vita quotidiana col risultato di inibire il grande canale comunicativo della sensibilità. Se si dichiara infatti di sentire qualcosa, ma non ci si sofferma a chiedersi con che cosa, spesso invece di percepire attraverso i sensi, si sta invece interpretando con la mente. E la mente ci porta dove vuole, anche molto lontano da dove invece siamo, non perché sia cattiva, ma perché è deputata a compiere un altro lavoro.
Se si odono le campane rintoccare è intuitivo che lo avvertiamo con le orecchie, se si avverte un buon profumino nell’aria è altrettanto intuitivo che ce ne accorgiamo arricciando il naso. Sentire tristezza o malinconia, sentire che una conversazione è a senso unico, oppure sentire che la situazione ci sta sfuggendo di mano invece non è facile da riconnettere al suo punto d’origine. Allora il gioco sarà riconoscere da dove originino queste altre nostre comunissime sensazioni…
I sensi: cosa sono
Mettiamo nello zaino le stesse definizioni, per avere un terreno comune: Che cosa sono i sensi?
I sensi sono un mezzo, uno strumento, attraverso cui l’uomo riceve informazioni dall’ambiente sia interno, che esterno.
Una volta che queste informazioni sotto forma di messaggi elettrici raggiungono il cervello vengono confrontati con le esperienze pregresse. Leggi anche il mio articolo “Le emozioni: breve viaggio attraverso questo magico mondo” e soffermati sul paragrafo “come funzioniamo”.
A questo livello di rielaborazione possiamo parlare di percezione. E facciamo ben attenzione perché nella definizione di senso lo abbiamo definito un mezzo e non di un fine. Ossia i sensi sono degli strumenti attraverso cui si inescano altri processi e non il fine ultimo di un processo.
Prendiamo ad esempio il gusto. Esso è il mezzo per distinguere i sapori e così poter evitare ciò che l’organismo ritiene pericoloso. Chi ha mangiato ugualmente una pietanza che al gusto gli procurava nausea, magari per un eccesso di buona educazione per dar retta alla credenza di “non fare brutta figura rifiutando il cibo”, sicuramente non ha avuto una buona digestione.
Ora per noi Italiani, popolo di gourmet, potrebbe apparire il fine ultimo un buon sapore, ma non sarebbe nulla se non innescasse il godimento procurato dal gusto. Non si dice forse “piacere della buona tavola”?
Ecco allora fare capolino altre due domande fondamentali
Quanti sensi abbiamo?
Siamo abituati a recitarli a memoria dai tempi di Aristotele:
Vista – Olfatto – Tatto – Udito – Gusto.
Sarebbero solo cinque? Quindi risponderemmo a soltanto cinque stimoli sensoriali? Questa ipotesi sembra riduttiva, sia a me che ad alcun studiosi. Se i sensi sono uno strumento di risposta ad uno stimolo allora potremmo anche spingerci ad affermare che il numero di sensi che abbiamo dipende dallo stimolo o attivatore che si considera e bisogna considerare sia quelli esterni che quelli interni.
Quanti e quali stimoli possiamo considerare?
Se pensiamo agli stimoli sensoriali stessi allora restringeremmo il campo a tre sensi:
stimoli luminosi —> per la visione
stimoli chimici —> per gusto ed olfatto
stimoli meccanici —> per tatto ed udito
Se invece considerassimo gli organi fisici in cui si manifestano allora potremmo dire che:
- gli occhi sono la sede degli stimoli visivi e ci consentono la vista;
- il naso è la sede degli stimoli olfattivi e ci porta l’olfatto;
- la pelle è la sede degli stimoli tattili e ci offre il tatto;
- le orecchie sono la sede degli stimoli auditivi e ci permettono l’udito;
- la bocca è la sede degli stimoli del gusto e ci consegna il gusto;
Ritorneremmo a cinque, ma non terremmo conto di alcuni importanti fattori. Ad esempio l’orecchio è sì sede dell’udito, ma anche dell’equilibrio. Quindi l’equilibrio potrebbe diventare il sesto senso.
Analogamente la pelle che è sì la sede degli stimoli tattili, ma anche della sensazione termica, della pressione, del sensual touch.
Ciò porterebbe il numero dei sensi da cinque a nove. Esistono inoltre delle espressioni idiomatiche come “senso unico; controsenso; senza senso; doppio senso; senso di colpa; buon senso...“
Di numerosi recettori che abbiamo nel corpo non ci accorgiamo. Ad esempio? Di un centinaio di ricettori del naso o di quello che rileva il glucosio nel sangue, o di quello che secerne cortisolo. Tutti si attivano all’occorrenza, esattamente come i sopracitati, famosi e classici 5 sensi.
Forse non serve trovare il numero preciso dei sensi, ma accorgersi che siamo un ricettacolo di possibilità sensoriali.
Allora il bello non è farne un elenco, ma sperimentare, accorgerci di quali percezioni si “attivano” e cercare di riconoscere lo stimolo esterno, e per quale fine è sopraggiunta una determinata sensazione.
Affinare questa capacità di ascolto ci permetterà di conoscerci meglio.
Infatti se non avverto un leggero brivido sulla pelle, il lieve stringersi delle spalle, l’istintivo carezzarsi il corpo a causa dell’alzarsi di un refolo arietta fresca, dovrò aspettare di battere i denti, di starnutire, di sentire dolore alla cervicale, per capire di avere freddo. E magari mi coprirò perché sarò arrivato/a al punto di raffreddarmi.
Il fatto è che mi sono perso/a un frame del mio film. Allora “accorgersi prima” dei segnali del corpo non è forse un ottimo esercizio di presenza? Come se fossimo gli spettatori di ciò che stiamo vivendo, possiamo cercare di cogliere questo incessante dialogo in cui siamo immersi senza rendercene conto.
Da soli è difficile trovare il tempo, restare in ascolto dei messaggi del proprio corpo, coglierli e decifrarli. Si rischia di venire assorbiti dalla routine del quotidiano e di non coltivare questo bellissimo canale di conoscenza di sè e di centratura. Oppure non si conoscono gli strumenti per avviare questo processo di conoscenza.
Affronterò questa tematica relativa ai sensi con un articolo successivo, a breve qui sul mio blog.
Grazie a Mike Odell per gli spunti di riflessione.