Emozioni primarie e secondarie: una suddivisione per facilitarne la conoscenza
21/02/2023Come e dove si manifestano le emozioni
03/04/2023Le emozioni secondarie
Ho parlato nell’articolo precedente sul mio blog di emozioni e nello specifico di emozioni primarie. Ho fatto riferimento alla suddivisione in emozioni primarie ed emozioni secondarie proposto dagli psicologi dell’età evolutiva. Questo criterio identifica 6 emozioni di base: rabbia, paura, tristezza, gioia/felicità, sorpresa, disgusto. Le emozioni primarie, o di base, ho detto essere “universali”, ossia innate nell’individuo e proprie di qualsiasi popolazione.
Differenza tra emozioni primarie e secondarie
E le emozioni secondarie? Si differenziano da quelle primarie perché non sono innate. Per cui se tutti, in misura differente, abbiamo sperimentato nel corso della nostra vita la pura, la rabbia, il disgusto… in modo istintuale, non è altrettanto vero per le emozioni secondarie.
Esse infatti originano dalle emozioni primarie mediante processi di apprendimento del contesto sociale in cui nasce e cresce l’individuo. Le emozioni secondarie coinvolgono strutture cerebrali più evolute, ossia la corteccia frontale, rispetto alle primarie, che coinvolgono il sistema limbico.
Ciò non tragga in inganno portando a credere che le emozioni secondarie siano meno vere, genuine, sincere o meno importanti delle primarie, soltanto perché non innate. Anzi, proprio perché sono il frutto della combinazione delle emozioni primarie con le interazioni sociali e/o i condizionamenti sociali, esse vengono a costituire un aspetto molto personale dell’individuo che le prova. Ri-conoscerle permette di entare in contatto profondo con se stessi.
Quali sono le emozioni secondarie?
Ecco qualche esempio: invidia, allegria, senso di colpa, nostalgia, delusione, gelosia, speranza, perdono, orgoglio, malinconia ….
Quando compaiono le emozioni secondarie?
Verso i due, tre anni compaiono le prime emozioni complesse, come la timidezza e la vergogna, trai i tre ed i sei anni compaiono altre emozioni complesse, come invidia, gelosia, orgoglio.
Risulta subito evidente che le emozioni di base sono facilmente condivisibili, ossia raccontabili senza temere di venir fraintesi. Tutti abbiamo provato una gran paura nella nostra vita. E se ce lo raccontiamo, possiamo attingere ciascuno al proprio episodio, ricordarne l’impatto emotivo e “ricondurlo” anche all’altro. Così via per tutte le voci dell’elenco delle emozioni primarie.
Caratteristiche delle emozioni secondarie
Per le emozioni secondarie non è altrettanto immediato questo processo, perché l’emozione secondaria non è istintiva ed automatica come le emozioni di base, ma fa appello ad una valutazione cognitiva in relazione ad uno scopo. Ossia si valuta più o meno coscientemente, la maggior parte delle volte inconsciamente, ciò che sta accadendo sia rispetto ad un fine, sia rispetto alle proprie implicazioni personali.
Può sembrare complicato, faccio un esempio che metta a confronto ciò che si prova e come si manifesta per un’emozione primaria e per un’emozione secondaria.
La gioia che è un’emozione primaria, viene ben descritta dalla locuzione: “Ho avuto uno scoppio di gioia“. Improvviso, incontenibile, totalizzante, ad esempio quando incontriamo una persona che ci sta a cuore che non vediamo da tempo. Che cosa ci succede? Esplode la gioia. Da che cosa me ne accorgo? Dal fatto che è accompagnata da una risata fragorosa, da un’apertura del petto, magari dall’allargamento anche delle braccia, dallo spalancarsi degli occhi che sembrano espandersi, aprirsi anche loro, come anche le narici, che fremono incamerando più aria ed odori…
La malinconia é un’emozione secondaria. La tua malinconia non è così immediatamente comparabile con quella che prova un altro individuo, e può essere scatenata da fattori sia simili che dissimili. Certamente esistono dei tratti comuni, ma sono meno identificabili, perché subentra la parte valutativa cognitiva da parte dell’individuo che la vive.
Esistono anche dei tratti fisici che caratterizzano chi è malinconico: un volto poco sorridente, con occhi e labbra che sembrano andare in giù, un tono di voce monocorde, quasi lamentoso, senza picchi acuti.
Queste manifestazioni sono comuni e facilmente riconoscibili se manifeste. Altrimenti no.
La persona che prova malinconia può contraffare questa espressione di sé. Perché, in base alle sue valutazioni personali, talvolta anche inconsapevolmente, se non ritiene opportuno mostrarsi melanconico/a, o se ne ha paura, o se teme di essere troppo vulnerabile, può scegliere di non esprimere apertamente la melanconia.
Occhio a NON cadere nell’errore di pensare che ciò sia giusto o sbagliato. Invito a sostituire le parole giusto/sbagliato con le parole utile/non utile.
Se l’individuo che sta provando malinconia, ritiene utile, per mille suoi motivi, preservarsi dalla manifestazione della stessa, nessuno ha il diritto di dirgli che sta sbagliando. A maggior ragione se non ne fosse consapevole.
Restando nel campo dell’auto-osservazione invece, potremmo chiederci che cosa mi spinga a nascondere la mia melanconia. Oppure domandarci: “Che cosa temo possa accadermi ( = valutazione rischio/beneficio ) se la manifesto?”
Provare emozioni è inevitabile e di per sé è un’esperienza neutra. Le emozioni sono adattive, perciò molto utili all’uomo. Ciò che può far star male é ciò che si agisce in seguito all’emozione provata.
Faccio un esempio: un/una bambino/a di fronte ad una persona per lui/lei sconosciuta, come lo zio che compare solo a Natale, o la collega di mamma che non vede quasi mai, invitato/a a subire, quello che per i genitori é soltanto “un bacino allo zio, o alla collega”, soffre. Si vergogna.
Allora bacia la persona sconosciuta per mettere fine all’emozione ed alla pressione ( = condizionamento ).
E se anche tu come lui/lei hai imparato a non proteggere i tuoi confini, può accadere che, anche da grande, se ti senti sopraffatta/o dalla vergogna, tu non sappia mettere un confine di protezione, ma consenta agli altri di invaderti. Gli altri, che non lo sanno, non sono responsabili del tuo sentire, il più delle volte agiscono in buona fede. Ossia percorrono la distanza che li separa da te credendo che sia uno spazio concesso da te e non una violazione del tuo campo.
Cosa puoi fare TU? Accorgertene ed inizare a spezzare quel paradigma!
Infatti ri-conoscere il maggior numero possibile di emozioni, primarie e secondarie, e comprendere, al loro manifestarsi, quali comportamenti tu metta in atto, permette di conoscerTi meglio, di accorgerTi dell’impatto che esse hanno sul TUO vivere quotidiano. Ciò ti consente, ad esempio, di levarti di dosso l’etichetta di “stressato/a“, parola contenitore, indossata soltanto perché non si riconosce la malinconia, o la tristezza, o la rabbia o lo sconforto…
Sapere che stai provando un certo tipo di emozione ti pone in relazione diretta con la scelta di un’azione da mettere in campo. Esserne consapevole ti evita di reiterare uno schema e ti permette di familiarizzare con le emozioni che via via ti pervadono.
Lo studio delle emozioni è oggetto di ricerca da parte di svariate categorie di professionisti: dagli psicologi agli psichiatri, dall’ingegneria genetica alla biologia molecolare, dai neuroscienziati ai fisici quantistici. Occorre sapersi destreggiare, senza cader vittime della necessità di categorizzare, suddividere, o gerarchizzare le emozioni. Accogliere la tristezza, la gioa, la paura, la malinconia, la vergogna… sentirne tutto il sapore, sperimentare dove ti portano, quali aspetti di te mettono in luce, ed a quel punto, quali azioni scegli di compiere, è un arricchimento grandissimo.
Vuoi approfondire l’argomento a livello personale? Ti sembra di non riuscire ad entrare in contatto con le emozioni che provi? Non sai riconoscerle? Non sai come e dove si manifestino? Possiamo parlarne e ascoltarle nel corpo e nel respiro.
Foto di Annie Spratt su Unsplash