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13/12/2023Olismo e allopatia: differenze e similitudini, 2 approcci a confronto
Spesso mi viene domandata la differenza tra olismo ed allopatia.
La risposta come spesso accade è articolata e contempla svariate riflessioni. Questo articolo non ha la velleità di essere esaustivo o risolutivo sull’annosa questione, ma cercherò di fare chiarezza e di raccontare anche il mio punto di vista.
Partiamo dalle basi.
Olismo: che cos’è un’operatore olistico
Niente di più efficace, per me, che rivolgersi alla madre dei significati, l’etimologia:
operatore –> deriva dal latino opus che significa occupazione, opera, mestiere, spesso lavoro agricolo o pratico, attività insomma per la quale si adoperano le mani.
olistico –> deriva dal greco olos che significa tutto ad indicare il tutto, la globalità.
L’operatore olistico è colui che usando le mani si occupa dell’altro con un approccio che riguarda il tutto.
E qui sorge spontanea la domanda su che cosa si intenda con il vocabolo tutto.
L’approccio con l’altro nella visione olistica viene vissuto con curiosità, empatia ed apertura a 360 gradi, e detto così un medico potrebbe asserire che anche anche lui lo fa.
Forse è più semplice raccontarlo attraverso una serie di possibili domande che può porsi l’operatore olistico e che hanno lo scopo non di trovare la risposta giusta, perché non esiste, ma di mappare il mondo in cui è calato il/la cliente per restituirglielo nel modo più incontaminato possibile.
Olismo: le domande di un operatore olistico
Qualche esempio di domade da porsi di fronte al cliente:
- Come si sente?
- Come si presenta?
- Come parla?
- Dove ha male?
- Come lo racconta?
- Dove lo sente nel corpo?
- Su quali aspetti insiste?
- Quali vocaboli usa?
- C’è una parola che ripete frequentemente?
- Riesce a sentire quale emozione sta provando?
- La sente nel corpo?
- Se sì, dove sente l’emozione?
- In quale ambiente vive?
- Come influisce l’ambiente su di lui/lei?
- Come influisce lui/lei sull’ambiente?
Se l’operatore olistico si accorge di avere già le risposte in tasca significa che non è in osservazione dell’altro, ma sta cercando di incasellarlo nel proprio modo di sentire o vedere la vita.
Le risposte a queste domande servono all’operatore olistico ed al/alla cliente per osservarsi e scoprire come sta in relazione con sé e col mondo circostante. Nulla di ciò che emerge è sbagliato o da correggere, ma da integrare.
L’operatore faciliterà l’entrata in relazione da parte del/della cliente con quella porzione che rivendica di essere ascoltata, vista ed inclusa e che si è presentata sotto forma di dolore. Grazie all’inclusione che ne farà il/la cliente quella parte dolente si calmerà, smetterà di bussare così fortemente alla porta da buttarla giù, per essere ascoltata, accolta ed integrata.
La ricerca della matrice della sofferenza nell’approccio Olistico
Con approcci, strumenti e metodi differenti le discipline olistiche mirano alla ricerca della matrice della sofferenza.
Sempre più si fa strada la consapevolezza che una malattia insorga non per una causa diretta che la fa nascere, quanto per perseguire un fine che una persona potenzialmente malata non ammette a se stessa.
Mi viene un forte raffreddore non tanto perché ho preso freddo, piuttosto perché non voglio affrontare un compito, una riunione di famiglia o di lavoro, la solita routine, o perchè ho bisogno di fermarmi e non me lo concedo.
Allora il corpo, ricevuto il messaggio, produce i sintomi.
Nella mia visione del concetto di malattia i sintomi sono delle sveglie, dei campanelli d’allarme per prendere coscienza di qualcosa che sta a monte e che non si vuole ancora vedere.
La modalità del metodo olistico e quando usarlo
In sintesi, la modalità di questo metodo è ricercare la matrice del dolore per risolvere alla radice l’insorgenza delllo stesso e pervenire ad una condizione di benessere.
Si può dire che si sta usando il metodo olistico quando si osservano sì i sintomi, ma poi si allarga il campo di ricerca per ad arrivare ad individuare la matrice che ha ingenerato il processo di disagio, dolenzia, o malattia.
La matrice potrebbe essere anche emotiva o psicologica, non necesssariamente fisica. Allora ci sarà la concreta possibiltà che il/la cliente si occupi del vero innesco del suo disagio e la conseguenza sarà il silenziarsi definivo dei sintomi.
Chiunque agisca con questo approccio sta mettendo in pratica il metodo olistico. Ma anche un medico che stia allargando il suo campo d’azione oltre la sintomatologia sta usando il metodo olistico.
Allopatia: che cosa significa Allopatico
Il termine allopatico deriva dal greco ed è formata dal vocabolo
allos –> diverso + pathos –> sofferenza. Il termine è stato coniato nel 1842 da C. F. S. Hahnemann per indicare la pratica medica che si fonda sul principio d’Ippocrate:
«contraria contrariis curantur > i contrari si curano con i contrari»
L’allopatia si basa sulla volontà di sopprimere e contrastare i sintomi, visti come nemici, anzi, come l’essenza della malattia stessa. La medicina allopatica si concentra quindi sulla malattia organica: virus, batteri, lesioni …
Guarda ai sintomi mettendo in campo tre atteggiamenti specifici:
- semiologia: descrizione dei sintomi, l’anamnesi;
- nosologia: analisi dei dati della malattia ottenuti dall’anamnesi;
- diagnosi: riconoscere e dare un nome alla malattia per inserirla in un protocollo di cura uguale per tutti.
Allopatia: un metodo concentrato sui sintomi
Per ogni paziente con lo stesso disturbo la cura sarà sempre la stessa, senza troppo tenere conto delle caratteristiche personali di ogni individuo e di come i sintomi e la malattia si possano manifestare in modo variabile.
Il punto nodale di questo metodo è ritenere che i sintomi vadano combattuti con rimedi agenti contro i sintomi stessi.
Nell’immaginario collettivo un qualunque farmaco allopatico è visto come un esercito di soldatini che marciano all’interno del corpo verso il sintomo, lo combattono e lo sconfiggono per liberare il malato dalla malattia.
È sbagliato? Non necessariamente. Laddove ci sia una compromissione dello stato di salute così avanzato da far supporre esiti letali, è importante l’intervento della medicina allopatica per ripristinare la condizione di salute rapidamente. Differente potrebbe essere l’intervento di un operatore sanitario o di un operatore del benessere di fronte ad un paziente/cliente che ciclicamente si ripresentasse con gli stessi sintomi.
Allora la ricerca di una matrice della malattia, altra dal mero sintomo, potrebbe essere una chiave di lettura più interessante, idonea e probabilmente salutare. Ciò vale sia per le discipline di parola ad esempio counseling, coaching, ambito psicologico, sia per le discipline corporee ad esempio classi di bioenergetica, liberi di muoversi, massaggi viso-corpo, riflessologia …
La modalità del metodo allopatico propone di risolvere e sconfiggere i sintomi in favore dell’immediata acquisizione della condizione di salute.
La modalità del metodo allopatico e quando usarlo
Quando si può dire che si sta usando il metodo allopatico? I medici ed in generare tutti gli operatori del sistema socio-sanitario italiano usano il metodo allopatico. Esistono una vasta gamma di farmaci che stoppano il sintomo e lo riconducono alla quiescenza o lo riportano a livelli statisticamente accettati dal protocollo medico. Ma anche chi sceglie di bloccare o di lavorare sul sintomo anche se si avvale di rimedi olistici, sta usando l’approccio allopatico.
Olismo e Allopatia: il mio punto di vista sui 2 approcci
A questo punto voglio fare una considerazione personale e predo ad esempio il massaggio mio-fasciale che effettuo da tanti anni con grandi risultati.
Generalmente chi si avvicina al massaggio corpo è spinto da un dolore localizzato diventato intenso e spesso già trattato con pomate e/o anti-infiammatori naturali o chimici, che però non si è risolto.
Il mio approccio durante il trattamento è olistico, mentre vado alla ricerca della matrice del dolore, ma anche allopatico, mentre cerco di ridurre al massimo la sofferenza del sintomo.
Talvolta durante il massaggio uso degli oli essenziali. Li posso usare in modo olistico o allopatico, dipende da come li uso. Se è il/la cliente a sceglierli per via olfattoria, metto in atto un utilizzo olistico degli oli essenziali; se li scelgo io per il loro potere antiinfiammatorio, lenitivo, anti-cellulite o drenante metto in atto un utilizzo allopatico degli oli essenziali.
Vorrei che fosse chiaro che non serve fare il tifo per uno dei due metodi rispetto all’altro. E che non occorre ritenersi operatori olistici o operatori allopatici con l’idea di dover necessariamente escludere un metodo in favore dell’altro.
C’è chi sceglie un approccio escludendo categoricamente l’altro, ma personalmente credo sia un atteggiamento di chiusura separativo, che danneggia chi lo adotta in primis, perché gli/le impedisce di aprirsi a più possibilità di riduzione del dolore, in secundis danneggia anche il/la ricevente che non può beneficiare di una più vasta gamma di possibili risoluzioni.
Addirittura a volte uso il metodo omeopatico. La medicina omeopatica prevede come cura che si somministrino sostanze simili all’agente che produce la malattia.
In questo modo si stimola una reazione immunitaria adeguata che va a rinforzare le difese dell’organismo favorendo la guarigione o prevenendo la patologia. Ovviamente io non essendo un medico NON prescrivo farmaci, neppure quelli omeopatici.
Ho però estrapolato il concetto di omeopatia, ossia usare lo stesso metodo che ha causato la problematica.
Dove uso il metodo omeopatico? Ad esempio in un massaggio: quando su una contrattura mi faccio aiutare da un intensificazione volontaria della contrazione del muscolo dolente da parte del/della cliente, usato come input di sblocco, oppure negli esercizi che propongo per rilassare le braccia durante le sessioni di liberi di muoversi.
Una domanda ricorrente: chi può prescrivere i medicinali
Spesso mi è stata posta la domada su chi possa o non possa prescrivere le medicine. Ci tengo a precisare che soltanto i medici possono prescrivere i farmaci e lo possono fare dopo aver conseguito una laurea ed essersi iscritti all’ordine dei medici.
Gli operatori del benessere, di qualunque tipo, che NON abbiano conseguito una laurea, NON possono prescrivere né medicine né analisi mediche.
Un terapeuta dei Fiori di Bach può suggerire una miscela di fiori, ma non può prescrivere farmaci, salvo essere anche medico e regolarmente iscritto all’ordine dei medici.
Ed ora vieni a provare uno dei miei trattamenti?
Ti aspetto!
Foto di Anthony su Pexels