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15/01/2025Le tue parole creano la tua realtà
Sappiamo già che la nostra narrazione, come una voce fuori campo, crea il copione del nostro esistere. Ma come fare ad accorgerci se siamo diventati lo stereotipato personaggio di una serie poco avvincente invece del protagonista?
Decidere di fare realmente i conti con la realtà che ci stiamo offrendo come possibilità di vita può sembrare complesso e forse anche spaventevole, ma forse è proprio in questo momento che possiamo incominciare a fare attenzione alle parole che usiamo e con cui ci definiamo.
Alcune semplici pratiche di narrazione consapevole
Qui di seguito propongo alcuni semplici esercizi che possono aiutare a riconoscere e riscrivere il nostro copione, anche eliminando alcuni comportamenti limitanti e/o auto-sabotanti.
1) Prestare attenzione a come ci si rivolge a sé stessi
Quando mi sono resa conto che spesso mi rivolgevo a me stessa con tono irritato, accusatorio, sfiduciato, perentorio, ho iniziato a parlarmi in modo differente, a partire dall’inflessione di voce.
Così ho prestato attenzione al fatto che che anziché parlarmi mi aggredivo, mi sgridavo, mi lagnavo, mi colpevolizzavo, e ho deciso di rompere quello schema.
Ho quindi scoperto di poter usare verso di me modulazioni di voce diverse che mi hanno permesso di sperimentare la comprensione, la dolcezza, la rassicurazione, l’empatia, l’accoglienza, lo sprone, l’autoironia…
2) Stilare un elenco degli aggettivi che riteniamo ci caratterizzino
Gli aggettivi con cui ti definisci sono proprio farina del tuo sacco o te li attribuivano già i genitori, la famiglia, gli insegnanti, gli amici?
Contali. Quanti sono in accezione positiva e quanti in accezione negativa? Puoi anche riconoscerti alcune caratteristiche negative, ma se queste diventano lo strumento per confrontarti col resto del mondo e uscirne sempre sconfitto/a, allora c’è qualcosa che non va.
Quando ci ho provato ho osservato che mi definivo quasi esclusivamente con aggettivi negativi: sbadata, stupida, ignorante, troppo fragile, troppo alta, troppo brutta… Tutti aggettivi volti a sottolineare la mia inadeguatezza rispetto al resto del mondo. Vederli scritti in sequenza mi ha fatto notare quanto pochi fossero. Io ero molto di più di una manciata di aggettivi qualificativi con l’alfa privativo davanti. Poi mi sono accorta che non erano scolpiti nella pietra come li vivevo io, ma che mi caratterizzavano mentre mi accadevano determinati episodi di vita. Quindi non erano la mia carta d’identità, ma tutt’al più la carta d’identità di singoli momenti.
In realtà
- Non ero sbadata, ma in un’occasione specifica avevo prestato poca attenzione;
- Non ero stupida, ma in un’occasione specifica non avevo considerato tutte le variabili;
- Non ero ignorante, ma rispetto a un argomento non ero, o non ero ancora informata. Potevo decidere di approfondire oppure no, e soltanto se mi fosse interessato;
- Non ero troppo fragile, ma vulnerabile;
- Troppo alta? In relazione a chi? Mi sono accorta che non esisteva un secondo termine di paragone. Ero a disagio nel mio corpo e il mio corpo era soltanto lo strumento per accorgermi del disagio. Finalmente potevo permettermi di familiarizzare col disagio per includerlo tra le possibili sensazioni da provare, anziché cercare di eliminarlo dalla vita come un nemico. Anzi potevo chiedere al disagio quale fosse il suo messaggio per me. Ora lui e io abbiamo un dialogo aperto.
- Troppo brutta rispetto a chi? Il mio termine di paragone era uno stuolo di meravigliose creature da carta patinata messe lì per essere irraggiungibili oggetti di desiderio. Allora mi sono accorta che io ero reale, tangibile, e che l’aggettivazione bella o brutta erano soltanto un contenitore generico e limitante, senza sfumature. Potevo essere moltissimo altro e in ogni momento cambiare, mutare, trasformarmi. Esistevano altri termini e altre modalità di esistenza: elegante, misteriosa, seducente, sciatta, sportiva, minimal, eccentrica… Se fossi stata soltanto bella o brutta mi sarei persa moltissime altre sfumature.
3) Individuare un comportamento che ci caratterizza e provoca eccesso di fatica e dispendio di energia
Per me è stato il controllo. Quella parolina e tutto ciò che implicava nella mia vita quotidiana stava annientando il fluire della vita. Mi costringeva a credere di essere il centro del mondo e di sapere quale sarebbe stata la miglior soluzione per tutto e tutti.
Il controllo mi obbligava a una serie di atteggiamenti logoranti e presuntuosi, e inoltre mi costava un dispendio di energia immane per cercare di arginare il mare delle possibilità tutt’intorno. Mi faceva incontrare l’arroganza di credere di sapere tutto e di aver optato per la scelta migliore.
Ma se compiere una scelta significa preferire qualcosa tra due o più alternative note, ciò significa che non ci può arrivare nulla di nuovo, ma possiamo soltanto rimaneggiare ciò che già conosciamo. E se arriva qualcosa di inatteso? Il controllo entra in panico. Potevo anche visualizzarlo il controllo, intento a tappare, coi suoi limitati strumenti, i tanti buchi dai quali nella mia nave cercava di entrare l’acqua del fluire della vita. Mi ha fatto tenerezza.
Certamente potevo usare il controllo per verificare la funzionalità degli elettrodomestici, le tabelle sul pc, la pulizia del bagno, fare uno schema o usare la macchina da cucire…ma non potevo chiedere al controllo assumersi la responsabilità, al posto mio, di dirigere tutta la mia vita.
Forse quella paura che sentivo in sottofondo era quella del controllo che non si sentiva in grado di svolgere l’immane compito che gli avevo affidato. Voleva sì restare al mio servizio, ma a chiamata e non a tempo indeterminato.
4) Accorgersi delle frasi fatte e delle loro conseguenze
Cosa sono le frasi fatte? Sono frasi pronte all’uso che vengono utilizzate frequentemente per commentare o descrivere una situazione ricorrente.
Spesso l’uso delle frasi fatte fa illudere di essere compresi da tutti e di comprendere tutti. Ma a ben guardare ti puoi accorgere che non ti è ben chiaro né il loro significato, né le implicazioni che possono avere su di te quando le pronunci. Anzi a lungo andare possono creare sintomo di malattia, come suggerisce Claudia Rainville. Sono una sorta di incantesimo. Quante volte a furia di ripeterci “devo fare attenzione altrimenti finisce male” abbiamo finito col farci male davvero? Quante volte a furia di ripeterci “voglio essere una roccia” abbiamo confuso il forte col duro e ci siamo irrigiditi così tanto da provare un dolore fisico?
A seguire ti propongo una tabella con alcuni esempi di frasi fatte che forse usi anche quotidianamente, che credi innocue e che invece nascondono il possibile richiamo a un sintomo. Accanto potrai trovare un suggerimento per esprimere lo stesso concetto “apertamente” sia verso te stesso che con gli altri. Sapere che cosa stai dicendo ti farà accorgere di ciò che stai creando nel tuo vivere, e con questa consapevolezza spero deciderai di cambiare fraseggio.
Frase fatta | Sintomo | Frase aperta |
---|---|---|
Non ho forza | Debolezza | Ho bisogno di riposo per diventarte più forte ogni giorno |
Mi sento soffocare | Asma, problemi respiratori | Mi prendo il mio spazio sempre di più |
Non riesco a digerirlo | Mal di stomaco | Non mi è facile accettarlo |
Non l’ho mandata giù | Mal di gola | Mi concedo il tempo per assimilarlo |
Mi fa venire il torcibudella | Mal di pancia o emorragie | Questa cosa mi tocca in profondità |
Ho il morale a terra | Depressione | Sto male e non riesco a superarlo, domani andrà meglio |
Mi prende alla gola | Impressione di soffocare, problemi respiratori | Anche se non la vedo ancora c’è sempre una soluzione |
Mi sembra di non andare avanti | Male ai piedi | Sto studiando qual è il passo migliore da fare |
Sono pieno di bile | Problemi di fegato | In questo momento non ho fiducia |
Ho dovuto sempre tapparmi la bocca | Problemi alla laringe | Posso imparare e concedermi di esprimermi |
Non c’é mai nessuno che mi sostenga | Disturbi all’arco del piede | Posso imparare a contare su me stesso |
Vado a tutto gas | Gas intestinali | Sono in piena forma |
Mi fa cagare | Diarrea | Non mi piace |
Mi rode, mi logora | Cancro o amputazione | Questa cosa o questa persona non mi dà tutto ciò che vorrei |
Devo sempre combattere | Malattie del sangue | Posso cercare delle soluzioni |
Mi sento compresso/a | Stitichezza | Mi lascio sempre più libero di essere me stesso |
Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo
Carl Gustav Jung
Foto di Respostas com Você da Pixabay