Corso sui Fiori di Bach presso Accademia Archè
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Alla scoperta del corpo … e molto altro
Ho indossato dai tredici ai diciotto anni un busto ortopedico per “correggere e contenere” una scoliosi definita “progressiva”.
Insomma, a vederla col “senno di oggi”, quando sono entrata nella fase della mia piena pubertà mi sono avvoltolata su me stessa impaurita. Ma non era il periodo in cui ci si accorgeva di questo aspetto e lo si prendeva in considerazione.
Il ragionamento era: “a causa della deviazione della colonna vertebrale viene la scoliosi”, analogamente al “hai preso freddo, perciò ti è venuto il raffreddore”.
Cioè Causa ed Effetto erano i soli capisaldi della scienza medica.
E lo sono ancora abbastanza oggi, ma si è venuta a creare una frattura in campo sanitario, che ha permesso di iniziare a pensare ad alcuni medici in modo differente, ossia a contemplare anche la visione olistica.
Ma questa è un’altra storia, dobbiamo aspettare decenni.
A quel tempo erano i mitici anni Ottanta e la medicina convenzionale imperava. Il metodo di cura per le scoliosi, e non solo: cifosi, lordosi e disallineamenti vari della colonna vertebrale, erano i busti ortopedici. Cilici di diverse fattezze, di svariata rigidità ed ingombro che accompagnavano il malcapitato di turno dalla pubertà fino alla maturazione ossea, allo sviluppo completo del corpo, cioè fino al compimento della crescita strutturale del sistema osseo.
In un momento di difficoltà emotiva profonda degli adolescenti che si accartocciavano su loro stessi veniva loro chiesto di perdere il contatto diretto col corpo che cresceva e cambiava, di rispettare rigide norme di comportamento “puoi togliere il busto solo per “lavarti e fare ginnastica correttiva”, di limitarsi rispetto ai loro coetanei nella possibilità di correre/giocare/praticare sport e di vestirsi come piaceva e pareva a loro.
Ecco, la nota meno dolente e purtroppo molto cattolica è che eravamo in moltissimi i portatori di cilicio. Un esercito di imbustati si muoveva per le città del mondo negli anni Ottanta. Forse per questo motivo mi immedesimavo negli zombi di Thriller, il video di Michael Jackson, piuttosto che nei protagonisti giovani e belli!
La libertà del corpo connesso alle emozioni
Ma c’erano delle pioniere che, faticosamente, coraggiosamente e tenacemente aprivano la strada alla libertà del corpo e lo connettevano direttamente alle emozioni che il suo legittimo proprietario provava: Francoise Meziers, Thérèse Betherat e Laura Bertelè. Quando oramai adulta ho scoperto il loro lavoro, ho letto i loro libri ed ho iniziato a praticare l’anti-ginnastica, ho avuto uno shock, inteso alla Gurdjieff, un punto di svolta, un punto di non ritorno. Ho cambiato orbitale, come un elettrone eccitato.
C’era una nuova Carola, in potenza, bastava darle corpo…
Da qui ho iniziato a lavorare su emozione e corpo.
Il busto aveva trattenuto e condizionato non solo lo scheletro, ma anche le emozioni e l’energia. Anoressia, difficoltà di socializzazione, paura del mondo… da lì sono partita ed ho lavorato con tanti esperti per ritrovare il bandolo della mia matassa, per poterlo prendere in mano io, e per poterlo portare avanti io, e non più la mia paura ed i condizionamenti subiti.
Ho lavorato per restituirmi la responsabilità della mia vita, smettendo di cercare dei colpevoli fuori da me, ma superando la paura di scegliere diventando così consapevole che non esistono sbagli, ma solo esperienze. E perciò assumersi la responsabilità di scegliere non era più fare giusto o sbagliato in una visone duale, ma diventava provare a percorrere una strada tra le tante a mia disposizione.
È stato facile? No.
È definitivo? No.
È un moto perpetuo… è come essere un tappo di sughero in mezzo al mare. Puoi averne paura e cercare di controllare il moto ondoso, oppure lasciarti trasportare, ed accorgerti che la corrente ti porta proprio là dove devi essere in quel momento.
Ci riesco sempre? No, magari, ma ci provo.
Il counseling mi ha insegnato tanto, mi ha aperto delle porte addirittura dei portoni, ma avevo una zavorra, il corpo, e per la prima volta me ne accorgevo davvero. Per anni avevo ascoltato tutti i rumori, i moti, le voci del mio corpo interno, ma mi mancava la connessione con l’involucro, ossia, i chilometri di pelle che connettevano l’interno con l’esterno, col mondo attorno a me.
Allora ho iniziato a farmi fare dei massaggi, non più terapeutici, cioè col vecchio metodo appreso al tempo del busto: “ho male vado dal chiropratico che mi raddrizza la vertebra dolente”. Bensì mi lascio avvolgere da un massaggio olistico.
Massaggio olistico: che belle parole!
Il massaggio olistico e la medicina olistica rientrano all’interno di quello che viene definito “olismo“, dal greco “olos” = tutto, intero, totale.
Ossia una visione secondo la quale le proprietà di un sistema non sono determinate dalle sue singole componenti, ma è il sistema nel suo complesso a determinare il comportamento delle parti che lo costituiscono.
Questa teoria viene applicata anche agli esseri viventi che vengono considerati nel loro insieme come sistemi costituiti da fattori di diversa natura: biologica, psicologica, emotiva, energetica, sociale, famigliare…
Perciò la mia scoliosi poteva essere vista, come lo era stato dai miei dottori, ossia l’esito di una deviazione dalla sua sede congrua di una vertebra che spostandosi determinava la curva scoliotica, senza nessi col resto del mio sistema vita. Oppure la scoliosi poteva essere vista come la manifestazione di un disagio emotivo inespresso, di una tensione trattenuta, ossia un sintomo, un indicatore di un malessere latente.
Al contrario di altre forme di massaggio, pertanto, quello olistico non mira a ripristinare il benessere, a livello fisico, di una sola parte del corpo, ma agisce sulla persona nel suo complesso, quindi anche sulle componenti energetiche, emozionali e spirituali, oltre che fisiche.
Perché ho scelto di lavorare con il corpo per il corpo
Ma andiamo anche alla radice della parola massaggio, che ha origini antichissime e differenti in quanto sembrerebbe derivare sia dalla parola araba massa (toccare, manipolare, frizionare) che dalla parola ebraica masech (esercitare pressione).
Quel corpo martoriato dal cilicio, era rimasto segreto a me ed al resto del mondo per tutto il tempo del busto, era cambiato, era cresciuto e si era modificato senza che io avessi potuto accoglierlo, accarezzarlo, apprezzarlo. Ora, durante il massaggio olistico, per la prima volta, veniva toccato, manipolato, frizionato, attivato da pressioni ora leggere ora più intense e ritrovava energia, elasticità, fluidità…. la sua voce.
Assieme alle cellule che ritornavano a respirare si muoveva l’intero sistema vita fuori e dentro di me. Un’onda che ritrova il suo ritmo e si muoveva nel moto ondoso dell’oceano, unica e diversa, ma assieme a tutte le altre.
E le emozioni si manifestavano. Come? Attraverso il corpo: brividi, calore, rossore, sospiri, sbadigli, lacrime, risate, finalmente una liberazione totale.
Il corpo perdeva rigidità e durezza concedendosi al massaggio, ed il massaggio apriva finestre in stanze buie e permetteva alla luce di entrare lasciando uscire rigidità e durezza. Ecco perché ho scelto di lavorare con il corpo per il corpo. Perché quello che sembra in apparenza un semplice incontro di mani e pelle si può trasformare un viaggio profondo da fare assieme al ritmo del respiro.
C’era bisogno di un massaggio in grado di restituire ai corpi che avrei massaggiato ciò che avevo provato io. Allora ho studiato la fisiologia, le connessioni muscolo scheletriche, i canali sanguigni, linfatici, energetici, la fascia che connette e porta in giro le informazioni, la riflessologia plantare.